Il Sole nel 1989.

 

Il modo migliore per comprendere appieno la varietà di fenomeni che interessano la Terra in seguito ad una intensa attività solare è senza dubbio quello di seguire dettagliatamente l'evoluzione sulla superficie del Sole di una regione particolarmente attiva. L'attuate ciclo solare (il XXII) ha visto la comparsa di numerose regioni estremamente attive, ma senz'altro quella che più si è distinta per complessità e produttività è la ormai famosa AR5395, che ha interessato il Sole nel mese di marzo del 1989. Gli studiosi delle relazioni Sole-Terra hanno avuto infatti l'opportunità di analizzare una serie così nutrita di fenomeni da poter ricavare importanti informazioni circa i processi fisici che li hanno prodotti, anche grazie alla efficiente rete di Osservatori terrestri e spaziali che hanno partecipato alle campagne osservative. Il ciclo XXII, iniziato nel settembre del 1986, ha mostrato una salita molto rapida verso il massimo, tanto che inizialmente le previsioni indicavano la possibilità che superasse in attività il ciclo record in circa 240 anni di osservazioni sistematiche, cioè quello XIX (seconda metà degli anni '50). Questo non si è poi verificato, ma l'attività che ha caratterizzato il 1989 rimarrà negli annali delle osservazioni. Il bollettino Solar Geophysical Data, fonte autorevole in materia, riporta infatti l'opinione generale che nel periodo 6-20 marzo 1989 l'attività solare e gli effetti Sole-Terra abbiano raggiunto il più alto livello degli ultimi trent'anni, mentre un secondo periodo di attività molto intensa si è avuto nel mese di ottobre, culminato il giorno 19 con un fortissimo brillamento.

Il gruppo più imponente

L'exploit è iniziato il 4 marzo con la comparsa sul disco, a 34 gradi di latitudine nord, di una complessa regione catalogata come AR5395. Essa si è rivelata la più attiva del mese di marzo e si è mantenuta tale durante tutto il periodo del suo passaggio sul disco solare, cioè nelle due settimane tra il giorno 4 ed il giorno 19. Nella fase di massimo sviluppo presentava più di 70 macchie e ricopriva un'area complessiva di 3600 milionesimi dell'emisfero solare (11 miliardi di km2), corrispondente a 21 volte la superficie della l'erra, mentre l'estensione in longitudine era superiore a 10 gradi elio-grafici. Con queste dimensioni il gruppo si stagliava imponente come un'enorme zona scura sul disco solare luminoso ed era quindi chiaramente visibile ad occhio nudo (attraverso un filtro di protezione). La configurazione dei campi magnetici era così complessa, che i suoi cambiamenti continui hanno stimolato un incessante susseguirsi di brillamenti, mediamente una ventina al giorno. In tutti, nel corso di 15 giorni ne sono stati osservati quasi 200 nella banda ottica ed oltre 100 nella banda X. Il brillamento "principe" della serie si è verificato il giorno 6 marzo alle 14h54m: un'eccezionale esplosione di energia in tutte le bande dello spettro elettromagnetico così intensa da saturare i rivelatori a raggi X del satellite GOES-7 (Geostationary Orbiting Enviromental Satellite), preposto alla sorveglianza dell'attività solare. La temperatura del plasma interessato dal fenomeno, dedotta dall'intensità X, cm dell'ordine di 20 milioni di Kelvin, 10 volte la temperatura della corona imperturbata. Anche la durata della fase esplosiva è stata notevole: circa 10 ore e quindi 20 volte maggiore di quella usuale per un brillamento anche forte.

Aurore boreali

Questo potente evento ha dato inizio ad un bombardamento di particelle accelerate ed onde d'urto nel vento solare, che hanno cominciato ad interessare la Terra circa 50 ore dopo, per continuare in una sequenza altalenante sostenuta anche da altri fortissimi brillamenti successivi, dando origine ad un flusso praticamente ininterrotto di protoni ad alta energia registrato dagli strumenti a Terra dall'8 al 14 marzo. Il giorno 9 infatti si è verificato uno dei più intensi ed estesi brillamenti mai registrati nella banda ottica, ed il giorno 10 un altro brillamento energetico di lunga durata. Il giorno 17 è stato inoltre osservato un brillamento in luce bianca, fenomeno questo piuttosto raro. L'intero periodo è stato caratterizzato da una fortissima e pressoché continua emissione radio pari a circa 20 mila volte il livello del Sole calmo. Interferenze radio sono stare rilevate anche nelle telecomunicazioni tramite i satelliti geostazionari. Al contempo, il campo geomagnetico è stato fortemente perturbato; in particolare, una tempesta geomagnetica, associata al brillamento del 10 marzo, è iniziata il giorno 13 e terminata 5 giorni dopo; è stata sicuramente una delle tempeste geomagnetiche più intense registrate in 130 anni di osservazioni. Conseguentemente, nelle notti del 13 e 14 marzo spettacolari aurore boreali si sono verificate anche a basse latitudini come per esempio in Florida negli Stati Uniti e nell'Italia Meridionale e le comunicazioni radio ad onde corte via ionosfera sono state interrotte mentre quelle ad onde cortissime sono state facilitate dalla presenza dei fenomeni aurorali. La notte del 13 correnti elettriche indotte di bassissima frequenza, connesse con le perturbazioni geomagnetiche e con le correnti in atmosfera, hanno invece sovraccaricato i trasformatori ad alta tensione di alcune linee di una centrale elettrica canadese (Hydro-Quebec, Montreal), causando interruzioni ed irregolarità nell'erogazione della corrente elettrica, ripristinate solo dopo 9 ore. Problemi simili si sono avuti anche in Svezia. Da ciò risulta evidente l'importanza della sorveglianza continua del Sole e delle previsioni del "tempo solare": il nostro unico ombrello è infatti il campo geomagnetico. Se però il "vento" solare diventa troppo forte l'ombrello comincia a strapparsi ed il vento penetra fino a noi; dobbiamo quindi premunirci con delle protezioni opportune per evitare spiacevoli inconvenienti.

 

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